martedì 1 dicembre 2009

IL MOTO CIRCOLARE - brevi riflessioni sul MEI 2009

Il moto circolare è uno dei moti semplici studiati dalla cinematica, e consiste nel movimento di un punto materiale lungo una circonferenza.



Il concetto di "eterno ritorno dell'uguale" (circolarità degli eventi) è elemento fondante di alcune rilevanti scuole di pensiero del passato (ad esempio gli stoici) nonchè uno dei capisaldi della filosofia di Friedrich Nietzsche che si spinse fino all'assunto secondo il quale "In un sistema finito, con un tempo infinito, ogni combinazione può ripetersi infinite volte", affermando pertanto che la nostra stessa vita sarebbe un continuo ed infinito ripetersi di azioni, pensieri ed emozioni già vissute in precedenza.

Da 9 anni ormai dedico l'ultimo fine settimana di novembre ad una gita fuori porta a Faenza, lì dove si celebra storicamente il MEI - Meeting delle Etichette Indipendenti, ultimo fiero baluardo di un settore in costante e sistematico smantellamento.

Trovo che il MEI, a parte l'infinita e confusa miriade di premiazioni e riconoscimenti autoreferenziali, l'esplicita vacuità di alcuni degli incontri/conferenza ed i deflagranti sbalzi di temperatura a cui ti costringe (30 gradi nel padiglione e 0 gradi appena fuori, con avvento di influenza in automatico nei giorni successivi), abbia indubbiamente una serie di aspetti rilevanti e positivi soprattutto nel rendersi "bussola" per tutti coloro che cercano di capirci qualcosa sul come, dove, con chi e perchè muoversi nel mondo della musica italiana in un'epoca come questa.

9 anni al MEI, 9 anni che continuo ad interrogarmi su 2 grandi misteri che non riesco ancora a decifrare :

1. Perchè il "Tagliere di salumi con piadina e squacquerone" dello Chalet dello Sport non viene esportato con decreto ministeriale in tutti i ristoranti d'italia?

2. Perchè centinaia di band si ostinano ogni anno ad accettare senza remore (anzi, quasi sempre a chiedere con insistenza !) di suonare gratis al MEI in concerti contemporanei su 4 padiglioni pur sapendo di esibirsi, quando gli va bene di fronte a nessuno che sia interessato alla loro musica e quando gli va male di fronte a nessuno?

Per rappresentare con esattezza il moto circolare è sufficiente rielaborare le equazioni del moto rettilineo (nel quale il punto si muove lungo una traiettoria retta ) utilizzando termini "angolari" e quindi considerando che la retta si è in pratica curvata per trasformarsi in una circonferenza. Banalmente si ottiene che X^2 + Y^2 = R^2

sabato 31 ottobre 2009

X incognita o variabile. Fattore X ovvero "X FACTOR"

Passiamo a dedicarci a quella che innegabilmente è la croce e la delizia di una qualsiasi equazione che si rispetti, immancabile in ogni teorema, calcolo differenziale, integrale o derivata di sorta : la lettera "X", universalmente intesa come incognita e, a volte, come variabile.

In altre circostante, e precisamente nelle 4 operazioni elementari, la X viene utilizzata quale simbolo della moltiplicazione tra due o più "
fattori".
Esiste quindi un legame ipotizzabile, con tanto di suffragio matematico, tra la X e il termine "fattore".
Ergo, si configurerebbe a partire da qui l'esistenza di un presunto
Fattore X ovvero, siccome siamo colonizzati ed amiamo usare una lingua non nostra, di un "X Factor
".

Ci sarebbero altre definizioni teoriche possibili di un elemento definito “fattore X” (non riferite direttamente alla matematica ad esempio in biologia o in campo economico), ma per quanto ci riguarda restiamo sulla nostra X delle operazioni elementari.

Ho sempre pensato al
Piano Bar
come a qualcosa di triste, di finto, di lontano dalla musica e dall'arte.
Parlo del pianobar delle basi su tastiere Roland, con i floppy disk, nei pub sfigati di fine anni 90.
Mi pare di sentirli ancora i pessimi suoni "
general midi" e di rivedere l'immancabile signore un pò attempato e dall'apparenza viscida che cambia il dischetto accennando un goffo pleibecc pianistico, mentre una ragazza canterina
vestita da troione innocente si lancia in acuti sguaiati in perfetto inglese maccheronico, con lo sguardo un pò spento di chi sente di "non avercela ancora fatta" ed ha già la certezza inconscia di non potercela mai fare.

Nei miei "
sogni di rock&roll
" di quel periodo guardavo il mondo della discografia dalla profonda periferia nella quale vivevo, resa ancora più sperduta dall'assenza del teletrasporto internet di cui godiamo oggi.

All'epoca, nel mio immaginario,
la figura del discografico
appariva mistica, quasi sovrannaturale.
Immaginavo uomini dalle doti superiori, dal potere sconfinato, esseri lontani dalla nostra misera realtà, invisibili ai nostri occhi eppure presenti, dietro le quinte, a muovere magistralmente i fili del mondo della musica.
Senza bisogno di mostrarsi, rifuggiando l'apparire.

Perchè apparire è debolezza, è bisogno, è vanità.
Il discografico nè è immune. E' un eletto. Vive ad un altro livello.
Ancora oggi mi piace pensare che un tempo fosse davvero così.

Ed ora?

Ora che hanno cambiato mestiere diventando
piccoli vassalli del feudo mass-mediatico del piano bar?

Ora che fanno da portaborse a passeggeri fenomeni da barraccone televotato?

Ora che fanno candidamente da
tappezzeria in programmi tv che sono il lato B del 45 giri di un singolone chiamato Grande Fratello
?

Di loro, uno per uno, caso per caso, vorrei parlarvi un giorno, magari molto presto e dettagliatamente, proprio in queste pagine. Anzi, credo proprio che lo farò. Qualcuno deve pur raccontarle certe cose.

Intanto, in una cantina della periferia di un piccolo e sperduto paese, c'è un gruppetto ragazzi -
ormai fortemente destabilizzati ed artisticamente traviati ed indeboliti dal messaggio imperante secondo il quale la musica, per essere di successo, deve omologarsi alle sonorità plasticose del pop anglofono
- che nonostante tutto continuano a cercare una propria strada, a scrivere, a suonare, ad investire, a produrre, a combattere, a sognare.
A sognare , appunto...ma a sognare il sogno sbagliato!


C'è
un nuovo sogno da inseguire...un sogno non più impossibile da raggiungere...ragazzi, dobbiamo parlarne...è importante!

L'idea della casa discografica, del singolo che deve suonare giusto per le radio, del video per Mtv, delle recensioni su Mucchio, dell'album di esordio da prepare in fretta e con l'ansia di farlo uscire il prima possibile, della distribuzione in tutti i negozi, ecc, ecc, è romantica e ancora tanto affascinante...ma
fa riferimento ad un'epoca che non esiste più
ed è un'idea che va totalmente riconsiderata e riscritta.

Nel frattempo, ogni tanto, per diletto, mi piace immaginare un
Fabrizio De Andre mentre canta a cappella "Grace Kelly" di Mika, giudicato da una prestigiosa giuria che si pregia della presenza di una dispensatrice di favori sessuali che non sa distinguere il batterista dal cantante di una delle 5 rock band più famose al mondo, da un cocainomane un pò geniale, un pò paraculo e un pò stronzo, e da una simpatica babbiona volgarotta
che fa riferimento ad un gusto popolare e ad una scena entrambi defunti da oltre 15 anni.

altre volte, quando mi esercito in qualità di regista immaginario, penso ad un programma Tv in cui un
Vasco Rossi ventenne, in tutina blu aderente, è in Sfida nella prova di ballo.

mercoledì 21 ottobre 2009

L'URTO ANELASTICO - inattese scoperte sul web

E’ tempo di affrontare l’altro lato della medaglia in materia di URTO.

Nell’urto anelastico l’energia meccanica totale del sistema, dopo l’impatto, non rimane immutata, ma vi è una dissipazione
. Vale a dire che parte dell’energia presente prima del contatto viene dispersa dopo l’urto.

L’energia dispersa, ovviamente, non si volatilizza nel nulla, ma in qualche modo si trasferisce sui corpi coinvolti nell’impatto, trasformandosi in altro.
Volendo essere più comprensibili che rigorosi, potremmo dire che
“l’energia mancante dopo l’impatto” si è “incarnata” nei danni “visibili”
sugli oggetti/soggetti coinvolti nell’urto.

Quando avevo 4 anni ero molto magro (bei tempi), mangiavo poco e non mi piaceva quasi nulla di quel che si serviva a tavola in casa mia (mi sarei poi ricreduto totalmente negli anni a venire). Frequentavo da poco l’asilo ed avevo appena cominciato ad imparare tante nuove ed affascinanti parole.

Un giorno mi trovai alle prese col
primo piatto di “pasta e ceci” della mia vita, quando ebbi a dire : “che schifo!”.
Il nonno, nell’arco di pochi centesimi di secondo, fece assaggiare, per la prima ed unica volta, le sue cinque dita alla mia guancia sinistra.
Ricordo perfettamente l’episodio, lo ricordo come fosse avvenuto ieri.

Cominciai a piangere mentre lui, quasi pentito del gesto appena compiuto, provava a spiegarmi che a tavola non si dice mai
“che schifo!” ma piuttosto “non mi piace” o ancora meglio “non mi va
”.

Mi spiegò quindi che il senso del mio messaggio sarebbe arrivato ugualmente forte e chiaro, anche usando una forma espressiva meno offensiva per il lavoro di chi aveva preparato quella “
pasta e ceci
”. Di riflesso avrei così rispettato implicitamente anche tutti coloro che quel giorno non avrebbero avuto la fortuna di poter scegliere cosa mangiare da una tavola fornita come la nostra.

Fu indubbiamente un “
urto anelastico
” per me.
Ne portai per un paio di giorni il segno in viso e ne porto tutt’ora il segno indelebile dentro di me.


Da quel suo gesto plateale ed efficace credo di aver imparato molto.

Ahimè, si cresce in fretta…
Succede poi che un giorno ti imbatti per caso in un link come questo :
http://www.rockit.it/album/11551/amari-poweri
Nell’ordine : curiosità, tentativo di comprensione, sorpresa, immedesimazione ed infine indignazione.

Non conosci e non hai mai letto nulla di precedentemente pubblicato dell’autore dell’ articolo, così come non conosci personalmente né musicalmente bene i “recensiti
”.
Conosci però
Rockit
, la sua credibilità ed il suo meritorio operato nel portare alla luce parte del sottobosco musicale nazionale.
Un palcoscenico virtuale storico, influente, prestigioso e seguito da molti, e quindi con delle inevitabili ed innegabili responsabilità da tenere in grande considerazione («
Da un grande potere derivano grandi responsabilità.
» - citare lo zio di Spiderman non è il massimo, ma non sono riuscito a resistere alla tentazione…)

Tornando al nostro
Urto Anelastico
, volendo meglio definirlo rendendone un’immagine pratica a chi si sia malauguratamente imbattuto in queste righe, potremmo fare due esempi facili facili, al limite del banale…uno per gli amanti della nuda realtà, uno per gli inguaribili sognatori.

Empiricamente
, un urto anelastico tipico è pressapoco quanto accade tra due automobili che entrano in contatto a velocità ad esempio mediamente sostenute.

Metafisicamente, invece, potremmo portare ad esempio un litigio molto accesso che si spinga oltre il fatidico “punto di non ritorno
” tra due innamorati.

In un caso e volendo anche nell’altro, con l’aiuto della nostra fedele matematica, possiamo calcolare la quantità di energia dissipata utilizzando l’equazione :



dove


è la massa ridotta

Ho sempre immaginato che
il talento e la padronanza del linguaggio (cosa che riconosco oggettivamente all’autore dell’articolo di cui parlavo qualche riga più su) preferissero percorrere strade “sottili ed eleganti”
per comunicare le proprie chiare e a volte scomode idee.
Questo un po’ per rispetto del lavoro altrui, un po’ per il sempre verde “
buonsenso” che spesso è gemello inscindibile delle persone che sanno il fatto proprio e che quindi non sono ansiose di imporsi in modo “anelastico” in concomitanza dell’espressione di un “proprio parere personale” e non di una “verità oggettiva ed assoluta
” da dover gridare a squarciagola per salvare il mondo dall’ignoranza (intesa come non conoscenza chiaramente).

Probabilmente comincio ad essere “
passato” come le mie inutili e spesso dannose buone maniere, o forse, ancora più probabilmente, mi sto imborghesendo molto più in fretta di quanto sperassi.

giovedì 17 settembre 2009

L'URTO ELASTICO - Io non pogo!

io…non…pogo…è solo un po’ di me che se ne va

Il termine “
urto
” fa da sempre parte del nostro gergo. In genere capita di associarlo istintivamente a dinamiche legate al traffico automobilistico.

Probabilmente non tutti sanno che in fisica sono classificabili diversi tipi di “urto” che, con un certo grado di approssimazione, potremmo racchiudere in 2 grandi famiglie :
la famiglia dell’ “
Urto Elastico” (per la quale i due corpi restano fisicamente intatti dopo l’impatto) e quella dell’ ”Urto Anelastico
” (in cui i corpi dopo l’urto vengono modificati anche nella forma con relativa dissipazione dell’energia).

Ora, immaginiamo di trovarci ad un concerto di
una nota rock band italiana.

Nella lunga attesa pre-concerto può capitare di accorgersi di essere assiepati con una fin troppo variegata genia di esseri viventi.

Non sempre i discorsi che di sfuggita vengono percepiti dalle nostre orecchie paiono provenire da menti consapevoli del motivo per il quale sono a questo mondo. Eppure, ad una manciata di secondi dall’inizio, non si è in grado di prevedere realmente ciò che sta per accadere.

Saranno sufficienti pochi accordi di una morbida ballata di apertura per ritrovarsi in
una sorta di incubo dantesco.

Energumeni di ogni forma e peso ti si riversano addosso, dispendando spallate energiche in nome di un divertimento a cui
neanche gli Unni riuscirebbero a dare una connotazione logica.

Il buonsenso si auto-proclama illustre assente e gli sguardi inebetiti degli attori protagonisti si somigliano incredibilmente. Forse è in certe piccole cose che si può intuire quanto una generazione sia finita prima ancora di partire.

Nella
Teoria dell’urto elastico (nella sua approssimazione “assoluta”), due o più corpi si scontrano scambiandosi le rispettive energie (cinetiche e potenziali).


Per sua stessa definizione (l’urto elastico mantiene intatta l’energia meccanica totale del sistema) è quindi possibile trascurare tutte le forze che non siano strettamente legate
all’energia Cinetica dei corpi in questione.

Con
V i : velocità iniziali dei corpi 1 e 2 ; V f : velocità finali dei corpi 1 e 2 ; M : massa dei corpi 1 e 2 e attraverso una serie di passaggi matematici, è si ottengono le equazioni generali dell’ “Urto elastico”.


Precisamente :

venerdì 15 maggio 2009

Premessa

"Ciò che seguirà in queste pagine verrà compreso solo da colui che, già a sua volta, abbia pensato i pensieri ivi espressi o, almeno, pensieri simili. Quanto verrà scritto non è dunque parte di un manuale. Conseguirebbe il suo fine se piacesse ad almeno uno che lo legga comprendendolo(...)
Tutto il senso che qui si proverà ad esprimere si potrebbe riassumere nelle parole : Tutto ciò che può essere detto si può dire chiaramente; e su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere".

scritto da Ludwig Wittgenstein - Vienna, 1914