sabato 31 ottobre 2009

X incognita o variabile. Fattore X ovvero "X FACTOR"

Passiamo a dedicarci a quella che innegabilmente è la croce e la delizia di una qualsiasi equazione che si rispetti, immancabile in ogni teorema, calcolo differenziale, integrale o derivata di sorta : la lettera "X", universalmente intesa come incognita e, a volte, come variabile.

In altre circostante, e precisamente nelle 4 operazioni elementari, la X viene utilizzata quale simbolo della moltiplicazione tra due o più "
fattori".
Esiste quindi un legame ipotizzabile, con tanto di suffragio matematico, tra la X e il termine "fattore".
Ergo, si configurerebbe a partire da qui l'esistenza di un presunto
Fattore X ovvero, siccome siamo colonizzati ed amiamo usare una lingua non nostra, di un "X Factor
".

Ci sarebbero altre definizioni teoriche possibili di un elemento definito “fattore X” (non riferite direttamente alla matematica ad esempio in biologia o in campo economico), ma per quanto ci riguarda restiamo sulla nostra X delle operazioni elementari.

Ho sempre pensato al
Piano Bar
come a qualcosa di triste, di finto, di lontano dalla musica e dall'arte.
Parlo del pianobar delle basi su tastiere Roland, con i floppy disk, nei pub sfigati di fine anni 90.
Mi pare di sentirli ancora i pessimi suoni "
general midi" e di rivedere l'immancabile signore un pò attempato e dall'apparenza viscida che cambia il dischetto accennando un goffo pleibecc pianistico, mentre una ragazza canterina
vestita da troione innocente si lancia in acuti sguaiati in perfetto inglese maccheronico, con lo sguardo un pò spento di chi sente di "non avercela ancora fatta" ed ha già la certezza inconscia di non potercela mai fare.

Nei miei "
sogni di rock&roll
" di quel periodo guardavo il mondo della discografia dalla profonda periferia nella quale vivevo, resa ancora più sperduta dall'assenza del teletrasporto internet di cui godiamo oggi.

All'epoca, nel mio immaginario,
la figura del discografico
appariva mistica, quasi sovrannaturale.
Immaginavo uomini dalle doti superiori, dal potere sconfinato, esseri lontani dalla nostra misera realtà, invisibili ai nostri occhi eppure presenti, dietro le quinte, a muovere magistralmente i fili del mondo della musica.
Senza bisogno di mostrarsi, rifuggiando l'apparire.

Perchè apparire è debolezza, è bisogno, è vanità.
Il discografico nè è immune. E' un eletto. Vive ad un altro livello.
Ancora oggi mi piace pensare che un tempo fosse davvero così.

Ed ora?

Ora che hanno cambiato mestiere diventando
piccoli vassalli del feudo mass-mediatico del piano bar?

Ora che fanno da portaborse a passeggeri fenomeni da barraccone televotato?

Ora che fanno candidamente da
tappezzeria in programmi tv che sono il lato B del 45 giri di un singolone chiamato Grande Fratello
?

Di loro, uno per uno, caso per caso, vorrei parlarvi un giorno, magari molto presto e dettagliatamente, proprio in queste pagine. Anzi, credo proprio che lo farò. Qualcuno deve pur raccontarle certe cose.

Intanto, in una cantina della periferia di un piccolo e sperduto paese, c'è un gruppetto ragazzi -
ormai fortemente destabilizzati ed artisticamente traviati ed indeboliti dal messaggio imperante secondo il quale la musica, per essere di successo, deve omologarsi alle sonorità plasticose del pop anglofono
- che nonostante tutto continuano a cercare una propria strada, a scrivere, a suonare, ad investire, a produrre, a combattere, a sognare.
A sognare , appunto...ma a sognare il sogno sbagliato!


C'è
un nuovo sogno da inseguire...un sogno non più impossibile da raggiungere...ragazzi, dobbiamo parlarne...è importante!

L'idea della casa discografica, del singolo che deve suonare giusto per le radio, del video per Mtv, delle recensioni su Mucchio, dell'album di esordio da prepare in fretta e con l'ansia di farlo uscire il prima possibile, della distribuzione in tutti i negozi, ecc, ecc, è romantica e ancora tanto affascinante...ma
fa riferimento ad un'epoca che non esiste più
ed è un'idea che va totalmente riconsiderata e riscritta.

Nel frattempo, ogni tanto, per diletto, mi piace immaginare un
Fabrizio De Andre mentre canta a cappella "Grace Kelly" di Mika, giudicato da una prestigiosa giuria che si pregia della presenza di una dispensatrice di favori sessuali che non sa distinguere il batterista dal cantante di una delle 5 rock band più famose al mondo, da un cocainomane un pò geniale, un pò paraculo e un pò stronzo, e da una simpatica babbiona volgarotta
che fa riferimento ad un gusto popolare e ad una scena entrambi defunti da oltre 15 anni.

altre volte, quando mi esercito in qualità di regista immaginario, penso ad un programma Tv in cui un
Vasco Rossi ventenne, in tutina blu aderente, è in Sfida nella prova di ballo.